Fin da piccoli siamo in cerca di amore ed affetto, ma non accade sempre che queste richieste vengano soddisfatte. Ciò accade non necessariamente per cattiva volontà, ma perché i genitori non hanno abbastanza tempo e magari perché, a loro volta, non hanno ricevuto da bambini abbastanza amore dai propri genitori: non hanno imparato ad amare.
Questo ci cambia, ci condiziona. Pur di essere accettati ed amati dalla famiglia, la scuola ed il gruppo, mettiamo da parte i nostri bisogni più profondi, la spontaneità, divenendo con il tempo sempre meno liberi DI ESSERE NOI STESSI. Ben presto comprendiamo quali sono i comportamenti accettati e quelli rifiutati e, per paura di essere giudicati o non accolti per quello che siamo, ci adeguiamo di conseguenza. Subentra, così, una sorta di rassegnazione a tutte le ferite e sofferenze che viviamo ed abbiamo vissuto e che il nostro inconscio registra ed archivia.
La salute emotiva ne soffre tremendamente ed in età adulta si riversano tutti quei traumi subiti durante l’infanzia, dovuti alla nostra prima esperienza con il mondo e che non siamo stati in grado di guarire. Le ferite emotive costruiscono la nostra personalità adulta, quello che siamo (ad esempio, possiamo essere paurosi, insicuri, punitivi, con tendenza al controllo, ecc..), come affrontiamo la vita e condizionano il nostro agire con tutto ciò che comporta. Esse sono molto simili a quelle fisiche. Se guariscono e si cicatrizzano, lasciano un segno, ma non faranno più male. Al contrario, se non vengono trattate correttamente, daranno fastidio: potranno riaprirsi o persino peggiorare.
Le maschere
Ogni ferita viene nascosta da una specifica maschera. A tal proposito, riporto una bellissima
metafora che spiega molto bene il significato di maschera emotiva:
“Le maschere sono come un cerotto, che mettiamo su di una ferita che rimane sempre aperta e dolorante sulla nostra mano.
Ogni volta che qualcuno ti stringerà la mano, la toccherà o la prenderà
per accarezzarla, noi sentiremo solo un grande dolore.
Questo dolore non sempre dipenderà
dall’intenzione dell’altro, quanto piuttosto dal fatto che la nostra ferita è ancora lì, aperta, soltanto coperta da un cerotto”.
La maschera è, dunque, la parte strutturante della personalità, quella più esterna e, come tale,
è costituita da modi di pensare, agire, sentire, vedere le cose. È quella parte di noi che, spesso,
vorremmo negare o nascondere e che gli altri, generalmente, vedono molto chiaramente dall’esterno.
Possiamo definirla come una corazza che ci aiuta a difenderci da ciò che ci può rimettere in contatto con le nostre ferite ma, allo stesso tempo, chiudendoci al dolore, ci impedisce di sentire noi stessi e le emozioni. Questo comporta, inevitabilmente, chiudersi alla bellezza, al piacere e all’amore.
Le maschere impediscono di identificare le ferite emotive e di guarirle. Per riuscire a
comprenderle e a risolverle è necessario andare in profondità, in un viaggio che può risultare doloroso, ma che rappresenta l’unica via di guarigione.
Eh già…perchè indossare le maschere può essere una strategia che può funzionare nel medio termine, ma nel lungo termine ci renderà rigidi ed incapaci di adattarci agli eventi ed alle relazioni, ipersensibili ed iper-reattivi a certe situazioni; ci impedirà di accogliere nella nostra vita ed elaborare la sofferenza che non vogliamo affrontare, per far guarire la nostra ferita.
Questa elaborazione è di grande importanza poiché ci mette nella condizione di poter superare certi schemi disfunzionali e di poter vivere, concedendoci di essere pienamente ciò che siamo, con i nostri pregi e difetti e con le nostre fragilità, esprimendo la nostra natura consapevole e la nostra forza interiore, accogliendo la vita nella pienezza del suo flusso e nella molteplicità delle sue manifestazioni anche quando queste non ci piacciono, o non le approviamo.
Siamo ciò che pensiamo
Noi siamo, dunque, ciò che pensiamo: “Un cattivo funzionamento della psiche può fare molto
per danneggiare il corpo e allo stesso modo una malattia somatica può danneggiare la psiche”: questo lo diceva Carl G. Jung. Inquadrare un fastidio fisico come emotivo, rappresenta una chiave di lettura che ci dà l’opportunità di indagare dentro noi stessi sino all’origine del male. Le malattie ed i sintomi altro non sono che dei messaggi inviati dal corpo ad una mente che si rifiuta di comprendere gli insegnamenti della vita.
Giù la maschera!
Quando il corpo parla non mente mai e ciascuno di noi è in grado di comprenderne intuitivamente il linguaggio, poiché si esprime con una lingua antichissima, esistita da sempre e destinata a non morire mai: quella dei simboli. L’interpretazione in chiave simbolica, psicosomatica, delle malattie consente di integrarne il messaggio profondo a livello della coscienza, in questo modo si può eliminare la vera causa di un disagio. Viceversa, se eliminiamo solo l’effetto di uno squilibrio interiore, cioè il sintomo, questo è destinato a ripresentarsi nello stesso organo o in un altro situato più in profondità. Per interpretare un malessere è necessaria una visione distaccata ed esterna: questo serve perché il contenuto che esso trasporta è già stato rifiutato dalla coscienza, altrimenti non sarebbe necessario che il corpo lo manifestasse.
I disturbi psicosomatici sono, quindi, la conseguenza di uno squilibrio fisico in cui la componente emotiva ha una forte influenza.
Come guarire?
Guarire dalle ferite emotive è possibile se per prima cosa impari a metabolizzare, accettare e riconoscere quelle maschere che indossi nella tua vita superando le paure in modo da tornare a vivere secondo la tua natura e la tua vera essenza.
Quando ti senti rifiutato/a, abbandonato/a, umiliato/a, trattato/a ingiustamente, ferito/a è naturale che entri in gioco il tuo Ego che, con estrema facilità, attribuisce la colpa a qualcun altro. Nella realtà, però, non esistono persone colpevoli, ma solo persone ferite e questo porta a ripetere la stessa esperienza se non si impara ad accusare se stesso, piuttosto che gli altri, per il dolore vissuto.
Accusare serve solo a sfogare tutti quei sentimenti negativi che senti dentro, quel groviglio di emozioni che ti spinge a far valere la ragione creando, però, infelicità.
Giusto sarebbe guardare la tua ferita come se stessi guardando negli occhi, in modo compassionevole, un bambino che ha fatto una marachella. Cosa vorrebbe sentirsi dire quel bambino? Solo parole d’amore, non vorrebbe di certo sentirsi giudicato. Perciò se sarai amorevole, accogliente verso la tua ferita allora anche gli eventi incominceranno a cambiare.
Lise Bourbeau nel suo libro “Le 5 ferite come guarirle” da alcuni suggerimenti, tappe da seguire per ricucire e rimarginare queste ferite.
- Accetta e riconosci la tua ferita. Se non accetterai la tua ferita non potrai neanche trasformarla. Basterà fare attenzione a ciò che non accetti negli altri per capire quale parte di te ancora non vuoi vedere per paura di doverlo ammettere. La logica farà di tutto per impedirti di accettare questa ferita perché non vuole che tu possa soffrire, ha paura che tu non possa gestirla o superarla. Non a caso la maschera è utilizzata per evitare il dolore. Ogni comportamento legato ad una determinata maschera è una reazione di difesa, da non confondere con l’amore che hai verso te stesso/a, poiché è un’azione che compi per vivere bene la tua vita.
- Assumiti le responsabilità e smetti di accusare gli altri. Ciò che ti chiedo di fare adesso è quello di interrogarti sul rapporto che hai con gli altri perché queste ferite più fanno male più proverai risentimento o rabbia per quel genitore che ritieni ti abbia fatto soffrire. Sono i sentimenti che provi per quel genitore che riproporrai nelle tue relazioni esterne. Lise Bourbeau afferma che le ferite non le guarirai se non imparerai a perdonare i tuoi genitori.
- Smetti di pensare che il mondo è fatto di persone cattive e sofferenti. Tra queste persone, forse, inserirai i tuoi genitori. Non ti chiedo di scusarli, ma di imparare ad avere compassione senza condannarli pur rimanendo dell’idea che non hai condiviso il loro modo di agire o di essere nei tuoi riguardi. Ciò ti permetterà di non alimentare queste ferite, evitando di sentirti una persona che non vale niente, incompetente. Inoltre, imparerai a non fuggire da tutte quelle situazioni che ti intimoriscono. Interrogati su quali reazioni metti in atto quando indossi la tua maschera. Il passo successivo è perdonarti senza giudicarti.
- Sii te stesso/a. Durante questa tappa ti renderai conto che non serve metterti una maschera in segno di protezione. In questo modo avrai amore per te stesso/a, avrai la capacità di dire no, di allontanare le persone tossiche dalla tua vita in modo da essere libero/a interiormente e di vivere secondo ciò che desideri.
L’autrice consiglia di scrivere ad ogni fine giornata un bilancio in cui si fa il punto sulla situazione sulle maschere, su quei comportamenti che metti in atto come reazione a qualcosa o qualcuno. Chiediti quali maschere si sono manifestate, come hai reagito e come ti sei comportata nei confronti di te stesso e degli altri.
Non è un percorso semplice quello di guarire le ferite, soprattutto, quando si tratta di riconoscerle, di essere consapevole e di guardare la realtà di ciò che che hai dentro.
Parti dal presupposto che questo lavoro lo fai per te.
Un aiuto esterno può arrivare dalle tecniche di guarigione energetica (come il Reiki) utili per sciogliere blocchi emozionali, facendo fluire l’energia e portando benessere all’organismo; vengono utilizzate anche per modificare abitudini, attaccamenti e pensieri limitanti nonché per aiutare le persone a raggiungere i propri obiettivi, facilitando il cambiamento desiderato.
Anche la Floriterapia del Dr. Bach può essere di aiuto nel percorso di guarigione dalle ferite emotive. Ogni fiore incanala una vibrazione energetica perfettamente rispondente a determinate caratteristiche dell’anima ed avviene, in tal modo, un vero e proprio scambio energetico che riattiva la nostra scintilla divina: essi interagiscono con le nostre caratteristiche di base riportandole al primitivo equilibrio, aiutandoci a ricordare chi siamo e a prendere coscienza con le nostre vere potenzialità. Ad esempio, Agrimony, che fa parte dei 12 fiori guaritori, è proprio il fiore “per chi porta la maschera”, per chi nasconde ansia e tormento dietro gaiezza e cortesia, per la risoluzione dei conflitti interiori.
L’essere umano ha la grande facoltà, o meglio, il libero arbitrio di creare ciò che vive: attraverso i pensieri, le scelte che si operano e le abitudini mentali, vengono generate le situazioni che si vivono, positive o negative che siano.
Non si tratta di ingiustizia o sfortuna, di merito o di punizione: la responsabilità riguarda solo il concatenarsi di causa ed effetto. L’uso delle maschere che si indossano e dietro le quali si celano i dolori spirituali ed i disadattamenti, alla lunga causano gli squilibri di cui noi stessi siamo gli artefici. Il vero problema è averne consapevolezza e, soprattutto, accettazione.
Il primo passo concreto verso il ripristino dello stato di equilibrio è, quindi, la consapevolezza perché ci permette sia di capire l’origine del malessere sia di constatare, in un secondo tempo, quanto il nostro libero arbitrio non esercitato abbia avuto un ruolo fondamentale nel delineare le circostanze che, nel bene o nel male, ci troviamo a sostenere..
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