Nell’accostarsi al mese di marzo, la tendenza è spesso quella di vivere i giorni che lo compongono con un duplice atteggiamento: da un lato, la certezza che l’inverno è ormai alle spalle; dall’altro, il dubbio che questo non sia ancora del tutto passato e che la primavera possa anche non arrivare. Tutto sommato, un’analoga antinomia si riscontra anche nelle stesse manifestazioni del mese, talvolta freddo e piovoso, talaltre mite e soleggiato.
Ma proprio questa instabilità è diventata una caratteristica di marzo, senza la quale esso perderebbe il proprio status di mese “pazzerello” che rappresenta, in fine dei conti, il suo fascino.
Qualcuno potrebbe obiettare che alzarsi con il sole e rientrare con la pioggia ha poco a che fare con la fascinazione di un mese; al tempo stesso, si potrà ribattere che l’assenza di colpi di scena rende piatta ogni condizione, inficiando, notevolmente, sulla capacità di adattamento propria di ogni persona. Certamente, l’eccesso non è indicato né nell’una né nell’altra
condizione, ma la Natura ha in sé – quando non destabilizzata dall’uomo – una forza che dovrebbe mantenere equilibrata tale oscillazione.
Sicché, proprio come il pendolo tipico di alcuni orologi, tra le due estremità si viene a creare un armonioso movimento che, scandendo il tempo, crea un elegante continuum tra i poli opposti.
Per cogliere, allora, la bellezza dell’instabilità di marzo, diventa necessario vivere – metaforicamente – tutta quella curva cicloidale immaginaria che si viene a formare.
Marzo, d’altra parte, con la sua instabilità, insegna proprio a vivere i giorni di sole come vivida speranza di un generale risveglio e quelli di pioggia come tensione indispensabile verso una completa comprensione di qualcosa che va vista non nella sua semplicità, ma nella sua complessità, insieme di più parti in perenne equilibrio tra loro, come l’elegante movimento del pendolo.
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